1) Marketing Tridimensionale
Le imprese che soffrono la crisi praticano quello che io chiamo “Marketing Bidimensionale”. Nel Marketing Bidimensionale l’azienda si concentra su due dimensioni: l’azienda o il prodotto che tratta, e le attività promozionali che vengono svolte per raggiungere il maggior numero possibile di clienti o potenziali clienti.
Tali aziende cercano di veicolare i loro messaggi su più canali possibili (sito, mailing, promozioni, fiere, volantini, ecc). Pur essendo decisamente più efficaci di quelle che non comunicano affatto o che comunicano in modo saltuario queste imprese comunque soffrono in quanto praticano un marketing non più adeguato ai tempi moderni
Oltre ai sistemi classici di comunicazione, il Marketing Tridimensionale ingaggia i clienti e tutte le persone che gravitano attorno all’azienda come sponsor, ambasciatori o ritrasmettitori dei propri messaggi. Le aziende che lo praticano fanno grande uso di social network (che non vengono usati come l’ennesima vetrina ma cercano di ingaggiare attivamente clienti e potenziali clienti) quali Facebook, Youtube, Tripdadvisor, organizzano eventi su base regolare anche in co-branding con altre aziende, sviluppano alleanze, e sono decisamente forti nel forgiare forti relazioni e amicizie con tutti quelli che le circondano.
Nel Marketing Tridimensionale il cliente viene ingaggiato per promuovere l’azienda, condividere contenuto emozionante e interessante, ritrasmetterne i valori.
I clienti, i fornitori e i numerosi partner amano queste aziende e quello che fanno. E’ per questo motivo che le sponsorizzano, le promuovono e condividono i loro contenuti sui social network.
Promuovere attivamente prodotti e servizi non è più sufficiente. Serve di più. La terza dimensione del Marketing Tridimensionale è l’amore.
I tuoi clienti amano quello che fai e ciò che la tua azienda rappresenta?
2) Imprenditore concentrato sull’intangibile: spiritualità e valori.
Girando per le zone industriali del nostro Paese una ventina d’anni fa non era raro imbattersi in un titolare che veniva a riceverti in tuta da lavoro. Erano imprenditori, quelli, concentrati sul prodotto, cioè sul corpo dell’azienda. La produzione, lo stabilimento, i macchinari, erano le loro principali aree di attenzione.
L’attenzione dei titolari d’azienda del nostro Paese si è poi spostata su vendite, organizzazione e finanza, gli aspetti organizzativi e dell’efficienza, si lavorava sulla mente dell’impresa.
L’ultima generazione di imprenditori Italiani, quelli che battono la crisi con regolarità, è concentrata invece sugli aspetti intangibili, spiritualità e valori. Non si tratta di imprenditori che meditano ma di persone che sostengono il loro marketing tridimensionale perseguendo e promuovendo ideali un po’ più elevati, cercando di essere belle persone, contribuendo alla comunità, distribuendo gratuitamente conoscenza e know how, inseguendo una finalità un po’ più elevata per le loro imprese e per se stessi che non il mero profitto. Aziende come Gessi, Servizi CGN, Open Source Management non hanno solo costruito un modo diverso di promuoversi e di ingaggiare il proprio cliente. Sono diventate in quel modo perché chi sta alla loro cima ha sposato una visione diversa dell’impresa, basata su valori e fattori intangibili.
Questi imprenditori hanno capito che se vuoi cambiare l’outside, ciò che c’è intorno a te, devi prima di tutto lavorare sull’inside: te stesso.
L’imprenditore Italiano che batte la crisi è concentrato su spiritualità, valori e ideali.
3) Da “struttura gerarchica” (anche piatta) a “inseguiamo un sogno”.
Peter Drucker, il celebre genio del management, sosteneva già svariati anni fa che il presente modello economico e organizzativo delle imprese era finito e che, presto, ci sarebbe stato il bisogno di sostituirlo con uno completamente nuovo.
Le aziende italiane che battono la crisi non sono per nulla gerarchiche ma hanno un grande sogno che perseguono assieme ai propri collaboratori che sono consapevoli che potranno goderne dei frutti.
Questi imprenditori creano attivamente opportunità e possibilità di crescita per chi fa parte del loro gruppo e così facendo attirano e tengono coinvolti i migliori talenti.
In tali aziende la parola “dipendente” è bandita così come molto del linguaggio sindacale relativo a determinato, indeterminato, articolo 18. In tali aziende si insegue un sogno, ci sono incentivi economici e opportunità di crescita e di sviluppo.
Il Capitale Umano che genera ricchezza nel XXI secolo non ha bisogno dei modelli sindacali che hanno caratterizzato il nostro Paese nel secolo scorso. E’ come cercare di approcciare internet utilizzando la logica della televisione, discutendo di canali e di frequenze.
Le aziende che battono la crisi hanno capito che il capitale umano che genera ricchezza nel XXI secolo non ama le gerarchie ma dà il massimo quando insegue i sogni.
4) Sforzi incessanti per abbassare l’età media dell’azienda.
Nel nostro Paese il 40% dei giovani sotto i trent’anni è senza lavoro. Chi scrive non sa capire se la colpa di questa situazione sia da attribuire alla crisi, alla legislazione del lavoro o alla scuola. Chi scrive sa solo che è provato che le innovazioni che cambiano un settore o lo rivoluzionano nella maggior parte dei casi vengono da persone che hanno meno di trent’anni.
Se non diamo lavoro a queste persone, che probabilità avremo mai di ri-inventare le nostre imprese? Che probabilità avremo di cogliere davvero le nuove rivoluzioni o essere adatti ai nuovi modelli di marketing?
Mentre valorizzano tutto il talento, le aziende che battono la crisi lavorano incessantemente per inserire persone che abbassino l’età media del personale dell’azienda.
5) Vocazione internazionale.
Un celebre spot della banca HSBC afferma che “nel futuro anche la più piccola delle aziende dovrà essere multinazionale”. In un mondo globale è impossibile continuare a competere non tenendo conto e non facendosi inquinare costantemente da un contesto internazionale.
Non si tratta qui di esportare e di guadagnare con il Made in Italy, si tratta di sviluppare quel patrimonio genetico e quella costituzione fisica che ti viene solo se provi a competere e ti confronti anche con i mercati internazionali.
Non importa se sei un’impresa del settore metalmeccanico o un ristorante che non potrà mai esportare. Se vuoi evolvere e sopravvivere devi cominciare a sviluppare una cultura globale anche se si trattasse solo di indirizzarti alla popolazione extracomunitaria del nostro Paese o provassi a fare dell’e-commerce internazionale.
Nel futuro anche la più piccola delle aziende dovrà essere una multinazionale.
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In Italia è tredici trimestri che il nostro Pil cala. C’è la crisi.
Nonostante questa crisi, un 20% di aziende cresce e fa utili.
Hanno capito prima delle altre che esiste un modello nuovo.
Più efficace, più divertente e sicuramente più premiante.
Non puoi cambiare l’outside se prima non cambi l’inside.
Paolo Ruggeri
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