Oggi due episodi hanno catturato la mia attenzione. Il primo è un articolo a pagina 5 del Quotidiano Nazionale (Resto del Carlino, Giorno, Nazione), Draghi Preoccupato: Mercati in una fase critica. Cito un passo dell’articolo:
“Negli ultimi mesi c’è stata una grande immissione di capitale da parte delle banche, pari a 300 miliardi di dollari a fronte di 400 miliardi di svalutazioni annunciate dalle banche, ha detto Draghi al termine del seminario delle banche centrali dell’area asiatica e della zona euro”.
Questa frase mi ha fatto pensare al grande controsenso rappresentato da questa economia dove tutto è falsato, dove il prezzo del petrolio viene spinto in alto dalle speculazioni sui futures, dove i grandi investitori speculano sul grano, sul riso, sul mais alla borsa di Chicago, dove Alitalia che non vale un centesimo è ancora quotata alla Borsa ed ha ogni giorno scambi sul titolo e dove, come dice Draghi, le banche nel giro di un anno si trovano a svalutare assets che l’anno prima mettevano in bilancio per 400 miliardi di dollari…
Per contro questa sera, a casa di amici, mi sono trovato a discutere su una bottiglia di Lambrusco, comprata alla Coop, in promozione, per 1,5 euro… Coop, per metterla in promozione a 1,5 euro, l’avrà ritirata da Cantine Riunite, il produttore, a 0,75 euro. Ho allora pensato un attimo alla filiera e a chi quell’uva l’avrà materialmente prodotta. A quanto l’avrà venduta al chilo? 0,10-0,15 centesimi?
Allora viviamo questo enorme controsenso dove la cosiddetta “economia di carta” muove cifre impressionanti, mentre la produzione vera e propria è costretta a tirare la cinghia e a sopravvivere con delle marginalità che dire piccole è poco. Non solo: il nostro agricoltore di Modena che produce l’uva per il lambrusco venduto in Coop ora si trova a fare i conti con il prezzo del gasolio alle stelle, grazie per l'appunto alla voracità di profitti di questa economia di carta, che spinge in su il prezzo del petrolio speculando sui futures.
Noi imprenditori siamo i primi ad avere un interesse nel fatto che questa economia fatta di carta, di futures, di derivati, di società quotate che raggiungono prezzi stratosferici (per poi puntualmente cadere tranne poche rare eccezioni) finisca.
Allontanarsi dall’economia reale, dall’economia della produzione e dalla VERA creazione di valore, da quello che io definisco VALORE PER IL DENARO DEL CLIENTE, alla lunga porta solamente sofferenza e miseria.
E, per inciso, gli agricoltori, così come gli allevatori, si facciano furbi: se vogliono sopravvivere devono consorziarsi ed entrare direttamente nella distribuzione. Meglio rischiare in quel senso che continuare a vedere la propria marginalità calare.
Dovunque tu sia nella filiera, rifuggi l’economia di carta. Basta. E’ ora di finirla con gli speculatori.
Ritorniamo tutti a dare valore all’economia reale.
Paolo Ruggeri
Desideri rimanere aggiornato sui temi del management e della gestione d'impresa?
Iscriviti ora alla nostra Newsletter. Condividi la conoscenza e scopri come migliorare stabilmente le tue performances aziendali.